Come si mangiano gli spaghetti cacio e pepe?
Ovvio: con la forchetta.
Ovvio fino a un certo punto. Gli europei, fino all’altro ieri, erano soliti prendere i cibi solidi con le mani (così come si fa ancora oggi in tanti paesi del mondo). Il contatto fisico col cibo – maneggiarlo, toccarlo, tastarlo – rispondeva al gusto comune e completava il piacere di mangiare con una sensazione tattile.
Come nasce, allora, l’uso della forchetta a tavola?
Le risposte a questa domanda sono diverse e ci portano in diverse direzioni, in diversi contesti sociali. Da un lato c’è il desiderio di distinzione, che nelle corti aristocratiche portò a elaborare ‘buone maniere’, modi raffinati (o sedicenti tali) a cui si assegnava il compito di segnalare la propria diversità dalla gente comune. Toccare il cibo con la forchetta anziché con le mani fu un modo per manifestare distacco dal cibo, distanza dal mondo della fame. Questi comportamenti apparvero per lungo tempo eccentrici e stravaganti, e gli stessi aristocratici faticarono ad accettarli: ancora nel Sei-Settecento c’è chi protesta contro l’uso della forchetta, che impedirebbe di gustare il vero sapore della carne, inquinandolo con il metallo.
In altri casi, l’introduzione di uno strumento per afferrare il cibo senza doverlo toccare fu legata a motivi pratici, a usi che chiamano in causa anche la cucina popolare. Una vivanda come la pasta, servita bollente e condita con burro e formaggio fuso, dunque estremamente scivolosa, difficilmente si riusciva ad afferrare con le mani: non fu dunque un caso se la forchetta comparve in Italia prima che in altri paesi. Perché fu l’Italia a sviluppare (fin dal Medioevo) una vera e propria cultura della pasta.
Una novella del Trecento ci mostra l’avventore di un’osteria che “avviluppa” la pasta con una forchetta (evidentemente si tratta di spaghetti). Un libro di cucina dello stesso periodo, dopo aver fornito la ricetta delle lasagne, consiglia di servirle con uno strumento di legno a forma appuntita – una primordiale forchetta.
La storia della forchetta, al pari di tante altre, si colloca al punto di incrocio fra cultura aristocratica e cultura contadina.